Il whistleblowing è un fondamentale strumento di compliance aziendale, tramite il quale i dipendenti oppure terze parti (per esempio un fornitore o un cliente) di un’azienda possono segnalare, in modo riservato e protetto, eventuali illeciti riscontrati durante la propria attività.

L’istituto del whistleblowing ha stentato a trovare una collocazione nel sistema giuridico italiano e, per anni, è stato limitato al personale pubblico e alle aziende dotate di un modello di organizzazione o gestione ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001.

La Direttiva Ue 2019/1937 ha segnato un cambio di rotta, permettendo al whistleblowing di poter esprimere le sue potenzialità per l’emersione di frodi, danni ambientali, casi dicorruzione, con lo scopo di proteggere le persone che segnalano violazioni di disposizioni e normative nazionali o dell’Unione Europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato, ad esclusione delle rivendicazioni personali o comunque legate ai propri rapporti individuali di lavoro, come evidenziato dall’art.1 del Decreto di attuazione (e della Direttiva).

Il recepimento della Direttiva sul whistleblowing è molto importante, in quanto incoraggiare le imprese a dotare subito i propri dipendenti di canali idonei per poter comunicare efficacemente gli illeciti riscontrati durante lo svolgimento della prestazione lavorativa, in un’ottica dinuova sensibilità civile e di aumentata consapevolezza nei cittadini circa la necessità di combattere il fenomeno delle frodi e della corruzione.

Le disposizioni della Direttiva Ue sul Whistleblowing avranno effetto a far data del 15 luglio 2023, con eccezione dei soggetti del settore privato che abbiano impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati inferiore a 250, per i quali gli obblighi decorreranno a partire dal 17 dicembre 2023.

 

Evoluzione normativa del whistleblowing

Il whistleblowing è stato disciplinato per la prima volta in Italia nel 2012, con esclusivo riferimento ai dipendenti pubblici in senso stretto, ma ai tempi la disposizione non assicurava un’efficace tutela della riservatezza dell’identità del segnalante.

Il dipendente era infatti chiamato a indirizzare la propria segnalazione, oltre che all’autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, anche al proprio superiore gerarchico, ovvero al soggetto meno adatto a occuparsene in quanto spesso implicato nelle attività oggetto della segnalazione.

Il 29 dicembre 2017 è entrata in vigore in Italia la legge n.179/2017 che ha ampliato la platea dei lavoratori per la segnalazione di reati o irregolarità non solo al pubblico impiego, ma anche al settore privato. Le nuove disposizioni, inoltre, assicuravano la tutela del dipendente segnalante contro sanzioni ritorsive conseguenti alla segnalazione, quali demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti o altre misure organizzative aventi conseguenze negative sulle condizioni di lavoro.

Nonostante la Direttiva avesse inizialmente previsto per il recepimento il periodo massimo di due anni, in Italia l’attuazione del whistleblowing è avvenuta solo con il Decreto n. 24/2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 marzo 2023.

 

Cosa prevede la nuova Direttiva Ue in materia di whistleblowling

In un’ottica di armonizzazione delle norme dell’Unione Europea, anche il nostro ordinamento ha quindi esteso la sfera di applicazione delle regole in materia di whistleblowing non soltanto alla Pubblica Amministrazione, ma anche al settore privato per tutte quelle aziende che nell’ultimo anno hanno impiegato almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, oppure imprese, anche di dimensioni inferiori, che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione Europea in materia di protezione del risparmio e prevenzione del riciclaggio.

Il Decreto di attuazione del whistleblowing prevede l’attivazione di canali di segnalazione interni che garantiscano la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. La gestione del canale interno di segnalazione deve essere affidata ad una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato, o ad un soggetto esterno, anch’esso autonomo e formato.

Al segnalante deve essere comunicata la presa in carico della segnalazione con un avviso di ricevimento da rilasciare entro una settimana dalla ricezione e il riscontro alla segnalazione deve avvenire nei successivi 3 mesi dalla data dell’avviso di ricevimento.

Le aziende saranno quindi chiamate a fornire informazioni trasparenti riguardo il canale, le procedure per effettuare le segnalazioni interne ed esterne per gestire in modo conforme segnalazioni pervenute mediante vari canali (per iscritto o attraverso linee telefoniche, sistemi di messaggistica vocale, incontri diretti).

Tra le tutele principali, sono state confermate l’importanza della tutela dell’anonimato del segnalante e la conseguente protezione per eventuali ritorsioni, allargando la protezione anche ai “facilitatori”, per esempio colleghi e ai parenti cheaiutano il whistleblower nel suo percorso di segnalazione.

Rimane presente nel Decreto di attuazione uno dei limiti già presenti nella legge n.179/2017 e cioè la tutela ancora parziale per i soggetti danneggiati da denunce false. Pertanto, la protezione del
whistleblower viene meno se sia stata accertata, anche solo con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per calunnia o diffamazione o la responsabilità civile con dolo o colpa grave.

Il Decreto di attuazione del whistleblowing costituisce, da un punto di vista normativo, un passo atteso di un percorso europeo già segnato sin dal 2019. La vera sfida, una volta attuato, sarà comunque a livello culturale, perché si possa passare da una dimensione “personale” ad una dimensione “civica” delle ragioni che muovono il whistleblower a svolgere la sua segnalazione.

Risulta dunque necessaria l’attivazione da parte dei privati di canali di segnalazione interni efficaci, riservati e sicuri che permettano a chi opera con le aziende (ma anche ad azionisti, consulenti o membri del CDA) di poter comunicare condotte illecite di natura amministrativa, contabile, civile o penale (riciclaggio, corruzione, etc.).

In caso di mancato adeguamento o violazione della disciplina, l’art. 21 dello schema di decreto prevede la possibilità di irrogare le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:​

  • da 5.000 a 30.000 euro nel caso in cui siano accertate attività ritorsive a danno del segnalante, ovvero quando sia dimostrato che il soggetto segnalato abbia ostacolato, o tentato di ostacolare, l’espletamento della procedura di segnalazione, o in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza;​
  • da 10.000 a 50.000 euro qualora l’Autorità accerti la mancata implementazione dei canali di segnalazione, la mancata adozione di procedure adeguate all’effettuazione e la gestione delle segnalazioni. Stesso rischio sanzionatorio incombe su quei soggetti che non abbiano effettuato le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.​

A cura di Avv. Giovanni Marra

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